venerdì 31 maggio 2013

Struzzi della dittatura


Una delle due prof. che ho avuto nel trimestre gennaio-febbraio-marzo, una donna eccezionale, una volta ci ha proposto la lettura di un brano fuori programma, da lei personalmente scelto.
Mi ha colpito, così ho pensato di tradurvi qui il punto saliente.
Per quanto l'autore sia il siriano Al-Kawakibi, che scriveva queste cose a fine '800 avendo in mente la tirannide dell'impero ottomano, è facile capire come queste righe possano stare a cuore a una tunisina che ha vissuto tutta la sua vita sotto dittatura, e che per di più fa l'insegnante. Ora capirete perché.


<<  Il dittatore si permette di governare le persone secondo la sua volontà, non secondo la loro, e le processa in base al suo capriccio, non alla loro legge; sa di essere un usurpatore e un violatore, e preme i tacchi sulle bocche di milioni di persone, bloccandone le parole di diritto e le continue rivendicazioni.

Il dittatore è nemico del diritto, nemico della libertà e assassino di entrambi; il diritto è il padre dell'umanità e la libertà è la madre, le persone comuni sono i bambini orfani che dormono ignari, e gli intellettuali sono i loro fratelli maggiori: se li svegliano, quelli si scuotono; se li invitano, quelli rispondono.

Il dittatore oltrepassa il limite perché non vede ostacoli: se l'oppressore vedesse una spada al fianco dell'oppresso quando si accinge a compiere l'ingiustizia, ci rinuncerebbe - come si suol dire, "bisogna essere pronti alla guerra per impedirne lo scoppio".

Il dittatore costringe la gente a legittimare la bugia, l'imbroglio, l'inganno, l'ipocrisia, il servilismo, la repressione dei sentimenti e l'automortificazione. Ne consegue che egli educa la gente a tutte queste buone qualità. Onde per cui, i padri vedono la fatica che fanno per educare i loro figli - l'educazione primaria - andare inesorabilmente a vuoto, prima o poi, sotto i piedi dell'educazione della dittatura, così come era stata vana, a sua volta, l'educazione che a loro avevano dato i loro padri. Perché gli schiavi di un potere che non ha limiti non sono padroni di loro stessi, né sono sicuri di educare i propri figli alla loro maniera, bensì allevano struzzi per i dittatori, aiutanti di questi ultimi contro i padri stessi. In verità i figli, in epoca di dittatura, sono catene di ferro che legano i padri ai picchetti dell'ingiustizia, dell'umiliazione, della paura e della costrizione, perciò la riproduzione della specie in quanto tale, in tempo di dittatura, è un'idiozia, e preoccuparsi dell'educazione è una doppia idiozia.
Dice il poeta:
Se continua così e non avviene un cambiamento
non si piangono i morti e non si festeggiano le nascite.>>

Da Abd al-Rahman al-Kawakibi, Caratteristiche della tirannide e fine della schiavitù (طبائع الاستبداد ومصارع الاستعباد), 1902.





mercoledì 29 maggio 2013

Rumore libero




Date un'occhiata a questo progetto che viene portato avanti da alcuni amici tunisini: qui e qui.

Si chiama بلاش حس "Blech 7ess", espressione che in arabo tunisino significa letteralmente "senza rumore", nel senso di "non fare rumore, fai silenzio!". Ma dal momento che "blech" oltre a "senza" significa anche "gratis", ecco che il senso di quella originaria frase intimidatoria viene capovolto e diventa il nome di uno studio di registrazione autogestito, dove ciascun gruppo o musicista è il benvenuto a registrare "rumore gratis", nel senso di musica gratis. Doppiamente gratis, perché lo studio può sì essere usato senza sborsare un dinaro, ma ad una condizione: che la musica che ne esce sia fruibile liberamente anche dagli ascoltatori, su internet, sotto licenza Creative Commons.
Fico, no?

Mini-nota per chi magari non lo sa e si è stranito: i ragazzi arabi, quando devono scrivere parole arabe con l'alfabeto latino - tipicamente, negli sms e su internet - usano i numeri per rappresentare delle consonanti che non possono essere rappresentate da alcuna lettera latina (in base a un criterio di somiglianza grafica tra quelle lettere arabe e alcuni numeri). La 7 di 7ess, quindi, non è un mio errore di battitura, bensì è quella meravigliosa faringale che sentite nel video. 


Quella dello studio di registrazione, in realtà, è solo l'idea iniziale: simbolo del diritto di fare caciara, il locale di Blech 7ess sta diventando una sorta di centro sociale. Sì, lo so, da matti, un centro sociale in Tunisia. Beh, non immaginatevi un centro sociale occupato, perché in realtà i ragazzi pagano l'affitto, eheh. Ma è un affitto irrisorio perché l'appartamento si trova in un palazzo a dir poco diroccato, e per metterlo a nuovo si sono improvvisati tutti falegnami, imbianchini, elettricisti e artisti. Adesso  l'interno fa la sua porca figura.




 




Oltre alle registrazioni, quindi, al momento vi si svolgono assemblee e workshop, vi si organizzano concerti, vi si stampano magliette, vi si realizzano e vendono oggetti vari per autofinanziarsi e, ultima novità, vi si tengono tutti i giorni lezioni di lingua gratuite (arabo classico, arabo tunisino, arabo siriano, italiano).

 Oggetti autoprodotti: bloc-notes e gioiellini vari.


 La leggendaria "macchina delle magliette".

 Lezione di italiano avanzato per tunisini.

 Lezione di dialetto tunisino per stranieri (a sinistra) e lezione di italiano base per tunisini (a destra).

(Tutte le foto sono tratte dalla pagina facebook di Blech 7ess).


In bocca al lupo a tutta questa gente che ha voglia di fare.

Logo di Blech 7ess.



venerdì 24 maggio 2013

A chi ha la scabbia prudono i gomiti (aka "il velo di Ben Ali, non il velo di Ghannouchi")

Qualche sera fa ero in una bettola di Tunisi con due amici tunisini e con una mia amica venuta a trovarmi dall'Italia.
A un certo punto, noto una ragazza con la madre in un tavolo vicino. Siccome solo poche ore prima la mia amica, che mi ha già fatto visita una volta in Egitto, andava comparando bellezze egiziane e bellezze tunisine e decretava la vittoria di queste ultime (specie per quanto riguarda il genere maschile in realtà, ma non solo), le dico, come a conferma delle sue stesse conclusioni: "Guarda che bella la ragazza a quel tavolo". Poiché l'ho detto in italiano e l'amico tunisino S. mi guarda con aria interrogativa, gli traduco: "Niente d'importante, ho detto solo che c'è una ragazza davvero bella". "Dove?!" Faccio un cenno con gli occhi: "A quel tavolo". Lui si gira, guarda - viva la discrezione! - si rigira e ci bisbiglia "Insomma...". Finisce lì. Parliamo d'altro, ridiamo, scherziamo.

Senonché...dopo un minuto, la madre della ragazza si alza e inizia a sbraitarci contro, e in particolare contro il povero S.! Io non capisco granché di quello che succede - linguisticamente ho sempre problemi a capire le persone anziane...specie se, come in questo caso, parlano in maniera accalorata ciancicandosi le parole a velocità supersonica - ma capto nomi di personaggi politici, tipo Ben Ali e Ghannouchi (fondatore del partito Ennahdha, n.d.Luce)! Immaginate la mia confusione. Capisco che la ragazza ce l'ha con noi perché ha colto che parlavamo di lei e ha riferito alla madre ma, vi giuro, non riesco a capire la connessione con quei nomi. Cerco di chiedere spiegazioni a S., ma lui si è sotterrato nella sua seggiola, è tutto rosso e non muove un muscolo. Perché nel frattempo tutta la trattoria si è girata a guardare la scena, perfino il proprietario è arrivato per cercare di calmare la vecchia, che continua a urlare. A un certo punto la sento dire qualcosa come "Forse le tue amiche sono straniere, beh allora forse farebbero meglio a pensare agli affari loro o a tornare al paese loro!", e lì interviene l'altro amico M., che le dice pacato: "Perché deve parlare così, signò? Questa ragazza è qui per studiare l'arabo e sta qui da ottobre, è più tunisina di noi!" (che tesoro).
Niente, la soap opera continua e non riesco a capire bene perché. Mi sento malissimo. Chiedo a S.: "Ma è perché tu ti sei girato a guardare la ragazza? Pensa che tu voglia insidiare sua figlia?! Scusami, è tutta colpa mia. Vado a parlare con loro per chiarire?" e lui mi risponde sottovoce "Lascia perdere, si vede che sono persone che non vogliono né ascoltare né capire. Poi ti spiego". Io faccio di testa mia, vado dalla ragazza, che mi sembra più ragionevole, e le dico: "Ascolta, sono straniera perciò non ho capito bene cosa dice tua madre. Volevo scusarmi perché in ogni caso non è bello indicare o parlare alle spalle della gente, per cui avete pienamente ragione; ma io ho solo fatto notare alla mia amica che eri bella e ho poi tradotto la stessa frase in arabo al mio amico - che per questo motivo si è girato. Mi dispiace se ti abbiamo dato fastidio, ma tieni conto che il mio era un commento innocente, anzi, in realtà avevo pure detto una cosa bella su di te". Avrei voluto aggiungere: come mai quando passate su un marciapiede pieno di soli uomini seduti al caffè, che commentano, danno voti e quant'altro, non sbroccate così? La prossima volta che ci passo io, mi è consentito fare questa sceneggiata mentre mi squadrano da capo a piedi e parlano di me? Se è così, buono a sapersi!



Comunque, la ragazza è visibilmente lusingata e sorride di imbarazzo. Mi dice "No, sai, perché ho visto lui ridere e pensavo mi prendeste in giro." Io cado dalle nuvole..."Guarda, probabilmente stavamo ridendo per un altro argomento". La ragazza spiega l'equivoco alla madre, entrambe si calmano e ritorniamo tutti ai nostri posti, avventori e proprietario compreso.

Finalmente i due amici mi spiegano l'arcano: le due pensavano che stessimo commentando, anzi sbeffeggiando, il velo che la ragazza portava. La tipa in questione portava un foulard un po' sceso dietro la testa, nel senso che uscivano fuori un sacco di capelli sopra la fronte. Secondo loro, quindi, stavamo tacciando la pischella di ipocrisia, del tipo "Guarda quella che porta il velo per finta, perché poi in realtà si vedono tutti i capelli". A parte che non avevo minimamente fatto caso a tutto ciò, ma anche se fosse...ma posso io, che non porto il velo affatto, che manco sono musulmana, e manco sono credente in generale, prendere in giro il velo di una tipa tunisina perché non è abbastanza coprente?!
La vecchia, perciò, andava dicendo cose come "Questo è il velo di Ben Ali, non di Ghannouchi!" - frase che va interpretata come: noi portavamo il velo così già quando la Tunisia era un 'paese laico', non siamo delle islamiste dell'ultim'ora, che hanno iniziato a fare quelle religiose solo dopo la rivoluzione e l'avvento di Ennahdha. Almeno, credo che vada interpretata così, ma questa epica frase, tra noi quattro, è stata poi oggetto delle più varie elucubrazioni per il resto della serata.
E infine, a titolo di spiegazione conclusiva dell'episodio, e in particolare del fatto che non si sa da dove le due abbiano tirato fuori che noi stessimo parlando del velo, mi è stato insegnato un proverbio tunisino che, come senso, equivale più o meno al nostro avere la coda di paglia.
Non chiedetemi perché, ma si dice:

 المجراب تهمزو مرافقو
A chi ha la scabbia prudono i gomiti.

lunedì 20 maggio 2013

Salafiyya / boulisiyya

E fu così che il ministero dell'Interno vietò ai salafiti di fare la loro riunione a Kairouan, la più importante città santa del Maghreb: un megacongresso chiamato "أنصار الشريعة" "Fautori della shari'a" o qualcosa del genere, che si è già tenuto lì l'anno scorso e quello prima ancora (da dopo la rivoluzione, insomma). Ma quest'anno c'era di diverso che è uscita fuori tutta questa storia qua del monte Chaambi e il governo era nella posizione di doversi dissociare dai gruppi di presunti terroristi. O, magari, è tutto quanto un teatrino per distogliere l'attenzione dei tunisini, per esempio, da quest'altra storia qui.
Fatto sta che Abou Yiadh disse "Noi la megacosa la faremo lo stesso e, se tentano di impedircelo, saranno responsabili loro di ogni goccia di sangue che sarà versata". La cosa non deponeva bene. Per inciso, questo tizio è un personaggio di fantascienza, ricercato come responsabile dell'attacco dello scorso settembre all'ambasciata americana, e che si dice sia sfuggito alle guardie uscendo indisturbato dalla moschea El-Fath (proprio accanto al mio attuale appartamento) grazie a un travestimento da donna col niqab - oh, io non lo so se è vero, ma voglio crederci perché è una storia così trash che non posso non amarla in qualche modo.
Fu così che all'alba la polizia intercettò i salafiti diretti a Kairouan e arrestò il loro portavoce (no, non il tizio trash, un altro). Allora fu così che quelli, che dicono tanto di tornare alle origini dell'Islam e alle antiche tradizioni etc., ma che in realtà sono ragazzetti dell'età mia che usano twitter, facebook e telefonini a manetta, diffusero ai loro compagni l'avviso di cambiare location e di incontrarsi tutti a Hay Ettadhamen, un quartiere periferico di Tunisi.
Fu così che a Hay Ettadhamen successe il panico, polizia, sassi, barricate, lacrimogeni, proiettili, fuoco.
Fu così che, mentre io mi stupivo del fatto che, qui, rendetevi conto, i sovversivi che prendono a sassate i poliziotti sono dei barbuti ultraconservatori ultrareligiosi, gli amici tunisini intanto, non sapendo quale dei due schieramenti odiare di più, commentarono: ma magari si facessero fuori a vicenda, salafiyya e polizia, così ci liberiamo di entrambi.
Non sapevano che sarebbero morti davvero due ragazzi...

sabato 18 maggio 2013

Un po' di buona musica

Li ho rivisti live per la seconda volta, e non c'è niente da fare, per me sono il miglior gruppo tunisino in circolazione.
Si chiamano Gultrah Sound System, e per una volta tralascio la storia della band e i testi delle canzoni: piuttosto, metto qua sotto alcuni brani perché possiate ascoltarli e basta, così lascio spazio alla musica ché ne vale la pena perché è bella assai, e a questo violino qua, che alla fin fine parla una lingua universale.


 Gultrah Sound System - "Goulouli":



Gultrah Sound System - "Elli tchelou":


Gultrah Sound System - "Dada 3icha":


Gultrah Sound System - "Bled akher zman":